Dieci vegani perfetti non servono a niente

Report della ricerca sociologica del gruppo TAG 5/6

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RINGRAZIAMENTI

In primis, volevamo ringraziare il nostro docente di Sociologia della comunicazione, Prof. Christian Arnoldi, per averci guidato e supportato. Ci ha fornito tutti gli strumenti di cui avevamo bisogno per intraprendere la strada giusta e portare a compimento la nostra ricerca.

Ringraziamo anche le ragazze intervistate: Greta Chiarani, Matilde Tomasini, Melissa Signori e Alessia Cetto, senza le quali non avremmo potuto realizzare la ricerca.

ABSTRACT

Negli ultimi anni sembra aumentata la sensibilità dei giovani verso le problematiche del mondo e molti di loro si sono approcciati all’alimentazione vegana. Con la nostra ricerca vogliamo scoprire come è condizionata la vita di un giovane vegano: da cosa è stato spinto, come cucina, se si concede delle eccezioni, dove va a fare la spesa, quanto spende o se influenza i suoi rapporti sociali.

Cerchiamo di spiegare la loro filosofia e condividiamo il nostro lavoro per approfondire il loro mondo. Ci siamo approcciati in modo attivo e coinvolto con l’obiettivo di ottimizzare la ricerca.

INDICE

INTRODUZIONE

Da qualche anno a questa parte, si sono sviluppate varie tipologie di alimentazione alternative, tra le quali la dieta vegetariana e quella vegana. Avendo brevemente indagato sull’argomento abbiamo scoperto che la dieta vegana si sta diffondendo sempre di più, soprattutto tra i giovani. Lo confermano anche i dati di Google Trends che tengono traccia delle ricerche più frequenti sul web: le persone cercano informazioni riguardo al veganesimo sempre più spesso.

Vegano e Vegetariano in Italia. Fonte: Google Trends https://trends.google.com/trends/explore?date=all&geo=IT&q=vegano,vegetariano

Inizialmente avevamo pensato di focalizzare la nostra analisi sul mondo dei vegetariani, ma infine ci siamo concentrati su quello dei vegani perché ci siamo accorti che la scelta di questi ultimi comporta un cambiamento di vita ancora più radicale e impegnativo e deve essere sostenuto da ideali profondi. Abbiamo inoltre deciso di concentrarci su un target più ristretto, come quello della generazione Z1 che, grazie anche ad una maggiore e diversificata accessibilità all’informazione, vive una nuova consapevolezza nei confronti del pianeta ed è mossa da una voglia di cambiamento sempre più forte.

Ecco alcune ricerche che dimostrano come il numero di vegani sia in aumento negli ultimi anni. Fonte: https://eurispes.eu/news/risultati-del-rapporto-italia-2021/

Con il termine vegan2 si intende “chi propugna uno stile di vita contrario a ogni forma di sfruttamento degli animali, anche nell’alimentazione”3, cioè chi decide di non mangiare animali, né i loro derivati perché contrario al loro sfruttamento. Scegliere di essere vegani in molti casi non è un fatto che riguarda unicamente l’alimentazione, ma arriva a diventare un vero e proprio stile di vita che andrà a condizionare anche molti altri aspetti. Le motivazioni che spingono le persone a un cambiamento così radicale possono essere diverse e spesso sovrapporsi tra loro. Nella maggior parte dei casi possiamo individuare una scelta animalista4 (ritenere ingiusto che gli animali soffrano), etica (è giusto per la società e per il mondo) ed ambientalista5 (gli allevamenti intensivi sono insostenibili per il pianeta), ma possiamo anche trovare chi lo fa per ragioni di salute o per i più svariati motivi.

Cosa spinge gli italiani a diventare vegani/vegetariani. Fonte: https://eurispes.eu/news/risultati-del-rapporto-italia-2021/

Dopo aver individuato ed intervistato alcune ragazze appartenenti al target da noi scelto ci siamo accorti di come emergessero delle tematiche ricorrenti; le abbiamo riassunte in alcune categorie che andremo ad approfondire ed analizzare nel corso della nostra tesi: il PERCORSO (da dove è nata la scelta di diventare vegano e il cambiamento che hanno dovuto affrontare), il CONTESTO FAMILIARE (in che modo questo ha condizionato la scelta, il rapporto tra la famiglia e il soggetto) LA SENSIBILITÀ e la FILOSOFIA DI VITA (valori, emozioni, pensieri riguardo determinate tematiche), le PRATICHE (le nuove abitudini che si sono dovute assumere), e i RAPPORTI SOCIALI (come vivono nella città, con gli amici, con il partner, con gli estranei dopo questa scelta).

ASPETTI METODOLOGICI

Nel nostro progetto ci siamo focalizzati sulla ricerca introduttiva dell’argomento che volevamo trattare. Ci siamo attivati cercando in internet le tematiche che volevamo affrontare, basandoci sulle informazioni trovate, abbiamo creato un brain storming, una mappa mentale per mettere a punto i nostri obiettivi.

Mappa mentale sui vegani

Da blog, articoli, siti web e dai dati delle ricerche di google sono emersi gli aspetti principali. Abbiamo iniziato subito ad immedesimarci nel mondo che stavamo conoscendo, provando esperienze nuove come l’alimentazione vegana e l’osservazione partecipante nei locali per la ristorazione mirata. L’esperienza completa è avvenuta durante la settimana vegana ovvero sperimentando cucina, spesa e alimentazione a 360°.

Foto del cibo vegano sperimentato nella nostra esperienza. Vedere

Dopo aver vissuto questa attività sono nati dubbi e perplessità, da analizzare, ricercare nella quotidianità di chi vive in quel modo tutti i giorni. Siamo passati così alla scoperta di testimoni adatti al nostro target per poter effettuare delle interviste e avere un riscontro tramite le loro narrazioni6. Questo ci ha permesso di entrare nel mondo attraverso punti di vista differenti e diverse mentalità/stili di vita.

Abbiamo quindi fin da subito utilizzato un approccio etnografico7, andando alla ricerca di ambienti dove poter capire e comprendere l’oggetto di studio. Ascoltando e osservando i nostri testimoni ci siamo immedesimati, cercando di comprendere la loro filosofia.

Abbiamo osservato gli spazi, le immagini che ci riflettevano le parole dei testimoni, i valori e le filosofie che trasmettono.

L’ascolto attivo ha caratterizzato il nostro lavoro, dando importanza agli sguardi, al feedback, alla gestualità e durante il dialogo, abbiamo seguito gli stimoli del narratore. Appena trascorse le esperienze sono state scritte le note di campo per non perdere emozioni, dubbi e dettagli riguardo ciò che avevamo appena vissuto.

INTERVISTA

È stata scelta l’intervista come metodo principale per avere un vero e proprio scambio tra intervistatore e intervistato. Il nostro mondo era difficile da analizzare, dal momento che il veganesimo è una scelta che va a condizionare proprio lo stile di vita, non ci sono dei luoghi fisici e dei momenti precisi in cui analizzare la loro società. Abbiamo dovuto indagare ed effettuare una ricerca per conoscere i nostri testimoni, qualche conoscenza ci è stata utile, altre erano fuori dal target.

Siamo riusciti ad organizzare quattro interviste: i testimoni che abbiamo trovato sono tutti soggetti femminili che hanno dato piena disponibilità per il nostro progetto. La prima intervista è avvenuta tramite Meet e quindi attraverso l’uso della tecnologia poiché non potevamo incontrarci fisicamente data la distanza8. Avevamo messo in conto che l’approccio sarebbe potuto risultare complicato mancando il contatto visivo e fisico tra noi e l’intervistato, ma grazie all’entusiasmo e all’interesse siamo riusciti a ricavare una mole positiva di informazioni. Tutte le altre tre interviste sono state programmate e concordate in un luogo preciso in base alla disponibilità di tutti.9 In tutti i casi abbiamo cercato di lasciare più libertà possibile all’intervistato di spaziare sulle tematiche che preferiva discutere, a volte invece siamo intervenuti con domande un po’ più dirette per restringere il campo della risposta e per soddisfare la nostra ricerca.

Ogni intervista è stata filmata e registrata (file audio e video), ovviamente con il loro consenso, per avere il materiale completo una volta terminato il dialogo. Nei momenti successivi all’incontro abbiamo suddiviso l’audio fra i componenti per la trascrizione completa. Durante le interviste abbiamo segnato dettagli e osservazioni varie nelle note di campo e una volta terminato il lavoro, tramite il confronto di tutto il gruppo, è stato analizzato il contenuto.

DOMANDE GUIDA DELL’INTERVISTA

  1. Mi puoi spiegare che cosa significa per te essere vegano?
  2. Perché sei diventato vegano? C’è stato un evento o qualcosa in particolare che ti ha motivato?
  3. Da quando sei vegano?
  4. Da quando sei vegano segui una dieta particolare o delle indicazioni?
  5. Qual è stato il cambiamento maggiore che questa scelta ha apportato nella tua vita?
  6. Come ha influito nei tuoi rapporti sociali? Famiglia, amici, uscite
  7. Pregiudizi e critiche?
  8. Di solito cucini tu in casa? Segui delle ricette?
  9. È più costoso fare la spesa? Sono cambiate le tue abitudini in questo ambito rispetto a prima?
  10. Fai spesso controlli medici?
  11. Devi integrare in qualche modo qualcosa? (per esempio la vitamina B12)
  12. Cosa pensi dei non vegani? Cucini per loro?
  13. Ti capita qualche volta di “sgarrare”?
  14. Hai delle particolari abitudini/rituali che segui nella tua vita quotidiana?
  15. Come ti comporti nei confronti dell’acquisto di altri prodotti, come cosmesi o abbigliamento?
  16. Hai dei locali o supermercati che frequenti spesso?

I NOSTRI TESTIMONI

I LOCALI

Durante il progetto abbiamo avuto modo di frequentare locali destinati all’alimentazione vegana per provare un’esperienza condivisa dal team. Siamo stati a Trento al bistrot “Sopra la panca” e ad Arco al ristorante biologico “BioEssere”. Altre esperienze sono avvenute su consigli di altri soggetti come la visita al negozio NaturaSì o la cena d’asporto da BlackSheepRaw di Trento.

DIARIO DI CAMPO

Importante per noi era analizzare ogni punto di vista ed ogni situazione. Abbiamo utilizzato la metodologia del diario di campo10 per annotare tutte le riflessioni partite spontaneamente, i loro comportamenti durante le interviste, come si sono dimostrati, gli spazi. Tutte le nostre impressioni e attenzioni sono state quindi scritte in questi documenti condivisi a tutto il team per avere un quadro generale della ricerca.

ANALISI DEL CONTENUTO

Nell’analisi del contenuto abbiamo focalizzato il nostro lavoro nella ricerca di concetti sensibilizzanti: pensieri, parole e immagini che hanno attirato la nostra attenzione.

Il lavoro sistematico di codifica che abbiamo svolto poi consisteva nel commentare termini e concetti più definiti e precisi. Tutto questo lavoro è stato fatto tramite la triangolazione ovvero con la comparazione dei nostri punti di vista.

Successivamente abbiamo ripreso i temi più ripetuti e abbiamo assegnato loro un colore per suddividerli in una tabella per ogni testimone. Facendo così è stato possibile avere una visione completa per ogni tematica.

OSSERVAZIONE

La partecipazione è un principio metodologico, permette di cogliere interpretazioni e le definizioni che ogni individuo appartenente ad un ambiente dà secondo il suo punto di vista. Siamo chiamati ad entrare in un mondo sociale per assumere su di noi la prospettiva propria degli abitanti di quel mondo. Abbiamo utilizzato l’osservazione partecipante per entrare a far parte della realtà studiata osservando le azioni sociali, i testimoni, le interazioni che attivano, i valori che trasmettono.

Ad inizio Aprile abbiamo deciso di dedicare una settimana provando a vivere utilizzando lo stile di vita vegano per avvicinarci al mondo intervistato e comprenderlo al meglio. Ogni membro del nostro gruppo (che ha aderito all’iniziativa) l’ha vissuta in maniera differente, provando una serie di sensazioni e pensieri che ha annotato sul diario di campo.

DATI EMERSI

RICERCA

All’inizio del nostro progetto sociologico, come già anticipato, ci siamo concentrati sulla ricerca di informazioni tramite vari canali, principalmente sul web. Quello che è emerso è che la scelta di essere vegano può essere determinata da motivazioni differenti.

ETICA DEI PRODOTTI

L’insieme di valori in cui si crede comporta una serie di cambiamenti anche nella vita di tutti i giorni: l’impegno vegano è infatti anche rivolto al consumo e all’acquisto di prodotti specifici che non devono avere origine animale e devono essere prodotti eticamente (sia per quanto riguarda gli umani, che gli animali: cruelty free). Viene anche posta una forte attenzione all’impatto ambientale della merce e quindi al modo in cui viene prodotta (materiali, packaging, emissioni, inquinamento). Possiamo quindi notare come il nostro mondo sociologico si focalizzi principalmente sull’aspetto critico11 degli oggetti e metta in secondo piano i valori ludici o utopici.

SEGNI

Abbiamo poi notato che esistono alcuni termini e segni12 precisi che rappresentano il veganesimo. Molti sono utilizzati sugli imballaggi alimentari, mentre altri sono nati per essere utilizzati dai membri delle società vegetariane e vegane per rappresentare le loro identità e l’attivismo per i diritti degli animali.

V-Label

La V-Label, una V con una foglia, è nata con l’Unione Vegetariana Europea, è un’etichetta vegana e vegetariana internazionale standardizzata supportata dall’EVU con l’obiettivo di identificare facilmente prodotti e servizi vegani e vegetariani. Questa normativa stabilisce che l’azienda che appone il marchio è responsabile civilmente e penalmente di quanto ha dichiarato.

V racchiusa

La V racchiusa è un popolare simbolo vegano, usato soprattutto sui social network per identificare “vegan”, anche se in realtà è un simbolo che appartiene all’organizzazione e l’alimentazione Kosher.

Emoji

Sui forum Internet e sui social network, l’emoji della piantina è talvolta usata per simboleggiare il veganismo o i prodotti vegani.

Veganarchia

Il simbolo della Veganarchia è stato introdotto per la prima volta in stampa nell’opuscolo Animal Liberation and Social Revolution di Brian A. Dominick nel 1995, combina il Cerchio-V con il Cerchio-A del simbolismo anarchico.

Bandiera vegana

La bandiera vegana è stata disegnata da un gruppo di rete di grafici e attivisti di diversi paesi. La bandiera è composta da tre colori: il blu, il verde e il bianco, che formano la lettera V, ossia la prima lettera della parola “vegano”. È inoltre una piramide rovesciata destinata a simboleggiare la capacità di fare l’impossibile.

In origine, alcuni membri del gruppo suggerivano che gli animali dovessero essere presenti sulla bandiera, con i colori rossi in primo piano per simboleggiare il sangue degli animali macellati. Tuttavia il gruppo alla fine ha scelto di fare la bandiera dell’uguaglianza uomo-animale, non sugli animali stessi. Ispirandosi alla bandiera arcobaleno LGBT, la bandiera è stata creata nella speranza di unire le organizzazioni e gli attivisti per i diritti degli animali. I colori bianco, verde e blu sono stati scelti per rappresentare gli habitat naturali degli animali: cielo, terra e mare.

La bandiera vegana possiede inoltre un sito web nel quale si può trovare la sua storia, il suo caso studio e articoli con tutte le novità che la riguardano. https://veganflag.org/

Cruelty free

Il simbolo di cruelty free viene stampato nei packaging dei prodotti per i quali non c’è stato nessun test sugli animali durante la realizzazione.

FATTO MORALE

La ricerca è stata subito focalizzata anche su altri metodi di informazione come video, interviste, blog e documentari che sono anche una fonte di ispirazione o di partenza per numerosi percorsi vegani.

Abbiamo scoperto che i giovani possono essere influenzati da vari personaggi famosi che si dimostrano promotori di questo tipo di alimentazione e si fanno voce per attività come la settimana vegana o il “Veganuary” (ovvero l’alimentazione vegana proposta e praticata per tutto il mese di gennaio).

I vegani più giovani sono i diretti interessati di questo tipo di attività, essendo maggiormente coinvolti nel mondo dei mezzi di comunicazione online.

IMPATTO AMBIENTALE

L’impatto ambientale della produzione della carne e dei suoi derivati è uno dei temi più importanti a sostegno della filosofia vegana. Un certo tipo di informazione, sviluppatasi maggiormente negli ultimi decenni, è fondamentale per comprendere, per esempio, come funzionano e quale impatto hanno la coltivazione/produzione dei diversi prodotti alimentari. Quello che si deduce dai dati di numerose ricerche è che la produzione di carne e prodotti animali è molto più inquinante e meno sostenibile rispetto alla produzione di verdura frutta e radici. L’alimentazione onnivora inquina, spreca ed emette molti più gas rispetto ai prodotti vegetali. Questa è la principale tesi anche del documentario Cowspiracy, ritenuto uno dei maggiori riferimenti culturali per i vegani.

Litri d’acqua per kg rispetto a alimento. Fonte: https://waterfootprint.org/en/water-footprint/product-water-footprint/water-footprint-crop-and-animal-products/

La produzione di carne, pesce, uova e latticini è causa di una percentuale molto importante delle emissioni globali di gas serra, addirittura superiore a quella collegata alle emissioni di tutti i mezzi di trasporto messi insieme. In altre parole: l’allevamento inquina, per diversi motivi. Gli animali devono mangiare e bere tutti i giorni, per tutta la loro vita, prima di diventare bistecche: si calcola che per produrre un solo hamburger servano circa 2.500 litri d’acqua. Equivalgono a circa due mesi di docce di un essere umano! In più, gli allevamenti inquinano a causa del gas metano emesso dagli animali stessi.13

Impronte ambientali del latte lattiero-caseario e del latte vegetale. Fonte: https://ourworldindata.org/environmental-impact-milks

Emissioni di gas serra per chilogrammo rispetto a Prodotto. Fonte: https://ourworldindata.org/grapher/ghg-per-kg-poore

SUDDIVISIONE DEI TEMI

Proviamo ora a descrivere nei successivi paragrafi ciò che è emerso dalle interviste rilasciateci dalle nostre giovani vegane. Una volta individuate e suddivise le tematiche che ci sono parse più ricorrenti e pregnanti abbiamo provato ad analizzarle, per capire quali sono i valori, le forze, i riti, i miti e le pratiche che fanno parte della vita delle nostre testimoni.

PERCORSO

Nelle storie delle nostre intervistate ci è parso chiaro che ognuna di loro ha dovuto affrontare un importante momento di cambiamento in cui si è deciso di assumere questo nuovo stile di vita. Quale percorso e quali forze le hanno condotte lì? Ci sono stati degli stimoli esterni (amici, informazione, attivisti, film…) oppure interni (es. sensibilità, valori)?

Nessuna tra le testimoni è nata in un contesto familiare vegano, anche se in alcune famiglie si seguono delle diete meno ricche di carne rispetto ad altre.

“Mia mamma è sempre stata anche lei molto animalista” (Melissa)

“A mia mamma facevano tenerezza e non me li ha mai fatti mangiare.” (Melissa)

“Mia mamma mi ha portata anche a questo pensiero, lei ha fatto tanto, non mi ha mai nascosto cosa io stessi mangiando.” (Greta)

Ad un certo punto della propria vita, (in tutti i racconti già in età molto giovane) si comincia ad avvertire un certo tipo di sensazioni negative nei confronti della carne, ma spesso non si riesce ancora a definirle e capirne le motivazioni. C’è chi inizia ad avvertire una repulsione, soprattutto verso ciò che ha un aspetto riconducibile alla carne dell’animale e preferirebbe smettere di mangiarla. Nella maggior parte dei casi la famiglia non acconsente alla richiesta e “impone” di continuare a seguire la dieta proposta.

Con il passare del tempo queste sensazioni, prima indefinite, iniziano ad assumere una forma sempre più chiara. Nella maggior parte dei casi si inizia ad identificare un proprio sentimento di amore nei confronti degli animali e di solito si passa per un primo stadio: diventare vegetariane. Man mano che si acquisiscono informazioni e si assume consapevolezza, si riesce sempre di più a dare un nome e a rappresentarsi questi sentimenti.

“A 11 anni inizi a guardare film, di televisione, qualche social… inizi ad informarti anche su cos’è effettivamente vegetariano …quindi ho letto questa cosa, ho iniziato a informarmi per quel che potevo, per la maturità che avevo, ovviamente poi mangiando pesce perché ero obbligata.” (Melissa)

“Allora, secondo me è stato lo step successivo, sarebbe dovuto accadere probabilmente, ma io non ne ero convinta. Tanto che ho iniziato a guardare film su film, documentari. E quindi a informarmi su come l’industria, non solo della produzione della carne ma anche dei derivati, influisse sull’ecosistema.” (Melissa)

“Sono diventata vegana quando avevo 6 anni; no in realtà prima vegetariana quando avevo 6 anni.. Piano piano ho iniziato ad eliminare tutti i tipi di carne. Inizialmente, cioè, siccome è stata una scelta insomma che ho fatto da così giovane, probabilmente anche c’erano, è anche legato a motivi di salute, non riesco proprio a immagazzinare insomma bene… la carne.” (Matilde)

É solo una volta raggiunta questa coscienza di sé che si acquisisce la forza per passare allo step successivo: l’alimentazione vegana. Tutto questo ci è stato descritto come un processo spontaneo e graduale, avvenuto in totale serenità. È un atto di presa di coscienza delle informazioni e dei fatti che permette anche di essere, all’interno di una società, uno stimolo o fonte di ispirazione.

“Martina: e cosa pensi della gente che non è vegana?

Alessia: Emmm… più che altro che forse non si sono riusciti ad informare e nessuno gli ha presentato… questo documentario o queste… cose. Perché è difficile che se dopo vedi determinati filmati o… che rimani delle tue convinzioni.”

Rispondendo alla domanda iniziale, i soggetti di questo mondo sociale sono spinti da forze di vario tipo. Sicuramente bisogna fare una distinzione tra forze coercitive, ovvero più esterne al soggetto (come l’informazione, i documentari, gli influencer e gli attivisti) e forze propulsive, che vengono dalle rappresentazioni del soggetto stesso (come sentimenti, sensi di colpa, voglia di cambiare o fare qualcosa, altruismo). Queste forze possono manifestarsi contemporaneamente e sviluppare nell’individuo azioni e reazioni differenti.

FAMIGLIA

La famiglia gioca un ruolo importante nelle vite delle giovani vegane. Abbiamo visto come spesso decisioni fondamentali vengano prese già in giovane età e, abitando ancora in casa, è naturale doversi rapportare con il contesto famigliare.

Riprendendo ciò che è stato detto poco sopra, in molti casi le famiglie non approvano pienamente la dieta vegana/vegetariana e non la accettano per i propri figli, probabilmente perché non si sentono sicuri che questo tipo di dieta sia salutare, particolarmente in un momento di sviluppo. I genitori si ritrovano così a “costringere” i figli a seguire la dieta che ritengono più giusta per loro.

”Mia mamma mi obbligava perché lei è convinta che il ferro si possa prendere solo dalle proteine animali.” (Greta)

Dal libro “Cucina botanica” di Carlotta Perego
Fonti vegetali di ferro (mg per 100 g)
cacao 14
semi di sesamo 10,4
germe di grano 10
tahina 8,8
fagioli secchi 8
lenticchie secche 8
soia secca 6,9
ceci secchi 6,4
fiocchi d’avena 5,2
cioccolato fondente 5

Dalle interviste che abbiamo raccolto quello che è emerso è che le ragazze hanno accettato le imposizioni dei genitori durante la crescita, anche se controvoglia, non avendo abbastanza argomentazioni per sostenere la propria tesi. Di solito in casa cucinano i genitori, è quindi normale doversi adattare alle abitudini familiari. Nel caso particolare di Matilde (vedi paragrafo dopo), che è vegana per una questione di salute e di intolleranze, invece la famiglia ha ascoltato fin da subito le sue esigenze, essendo legate a qualcosa di fisico e non di ideologico.

Spesso nel contesto familiare possiamo già notare degli atteggiamenti di sensibilità nei confronti degli animali (cfr. Melissa) o di altre tematiche come quelle ambientali che andranno poi a influenzare le scelte delle figlie.

Nella maggior parte dei casi tra figlia e famiglia si sviluppa una convivenza pacifica e un’apertura da parte dei genitori a sperimentare e provare cose nuove (citare vari esempi, Melissa che parla di papà e sorella, Greta che parla di papà, Alessia anche forse..), che in alcuni casi sfocia addirittura in una conversione. (esempi vari di genitori che hanno cambiato idea)

“…adesso mia sorella è vegetariana. Mio papà è obbligato a mangiare vegetariano/vegano perché cuciniamo noi, quindi non ha scelta. Ma… Lo capisce, mia mamma lo capisce tantissimo, anzi lei lo fa per la salute, in primis per la sua salute. Diciamo che il discorso ambiente ne sa di meno. È un’altra motivazione… Ognuno ha le sue. Mio papà gli sto spiegando io le cose e adesso lo vedo, che anche lui evita certi cibi; davanti ai suoi amici magari non vuole farlo perché si sente giudicato” (Greta)

SENSIBILITÀ - FILOSOFIA - VALORI

Ci siamo accorti di come tutte le nostre intervistate siano accomunate da una particolare sensibilità. Solitamente questa è orientata principalmente verso gli animali, cioè si avverte un sentimento di tristezza ed empatia nel sapere che un essere viene ucciso o maltrattato per produrre cibo o per soddisfare i bisogni degli esseri umani. Una delle idee di base è considerare l’animale come un essere al proprio pari14, e non come un essere inferiore da sfruttare a nostro piacimento.

“Allora io sono sempre stata animalista, ho sempre avuto… nei film, potevi ammazzare le persone ok, ma gli animali no, assolutamente no; io piangevo come una disperata. Questo amore per gli animali, che poi crescendo, diciamo, la mia scelta si è consapevolizzata di più, ovvero, non c’era solo l’amore per gli animali ma per il pianeta, la mia salute stessa.” (Melissa)

Questa sensibilità si rispecchia spesso anche in un’attenzione e rispetto nei confronti dell’ambiente. Basandosi su molti studi, emerge che produrre la Carne è un costo insostenibile per il pianeta, quindi spesso si decide di seguire la dieta vegana anche per ridurre gli sprechi, i consumi e l’inquinamento e essere “green”15.

Vorremmo porre l’attenzione su un altro sentimento molto forte nei vegani che è il senso di colpa. La maggior parte delle nostre intervistate, dopo avere scoperto una serie di “verità scomode”, avvertono di non potere più fare finta di niente e si sentirebbero in colpa se continuassero a vivere come hanno sempre fatto. Questo sentimento è collegato a un senso di responsabilità che fa sì che ci si senta presi in causa direttamente e di conseguenza si voglia fare qualcosa per contribuire a un cambiamento in positivo. (Per senso di colpa cfr. Alessia e per fare qualcosa per cambiare il mondo Matilde e Greta).

Possiamo quindi dire che il mito16, la narrazione in cui si rispecchiano i vegani sia quella in cui siamo ospiti su questo pianeta, piuttosto che padroni, e per questo motivo si sentono spinti ad agire secondo valori quali empatia, rispetto e senso di responsabilità.

IL CASO MATILDE

Ciò che abbiamo detto finora è valido per Melissa, Greta e Alessia, che hanno delle filosofie di vita molto simili, seppur ognuna con le proprie particolarità. Matilde invece è un caso a parte: la sua scelta di diventare vegana, avvenuta già da molto piccola, è dipesa da un malessere fisico e non ideologico. Da quando ha smesso di mangiare prodotti animali la sua salute è migliorata e ci ha confidato inoltre di avere una particolare repulsione per la carne in quanto “muscolo”.

“E… nel mio caso ho constatato questo: che la carne, sono muscoli, non riesco a concepire di mangiare un muscolo.” (Matilde)

Matilde ha una visione dello specismo del tutto particolare:

“Scusate, cioè, noi siamo un organismo onnivoro, okay? quindi noi, come gli altri animali possiamo tranquillamente mangiare la carne, se per un animale mangia un altro animale, perché quello va bene e noi, per noi invece no. Cioè è anche una discriminazione verso l’essere umano questo. se tu fai una condizione di parità, allora perché anche l’essere umano non può mangiare l’animale.” (Matilde)

C’è da dire inoltre che si identifica come parte del mondo dei vegani, pur mangiando “uova nell’impasto” e avendo una diversa visione sulla teoria del miele.

SALUTE

Il rispetto, di cui abbiamo parlato poco fa è un valore che viene applicato sia nei confronti dell’altro, che in quelli di sé stesso. L’attenzione e la cura nei confronti del proprio corpo passano sia per un’alimentazione sana, che tramite l’utilizzo di prodotti naturali.

Esiste un grande dibattito in corso tra chi sostiene che l’alimentazione vegana sia salutare e chi sostiene invece che in una dieta completa si debba per forza mangiare carne. Abbiamo chiesto alle nostre intervistate se facciano dei controlli medici regolarmente e su questo tema sono emerse risposte diverse, solo Matilde è stata seguita da un dietologo e Greta ha incontrato un medico dello sport che supporta la sua dieta vegana e l’ha aiutata nell’integrazione dei nutrienti. Il supporto del dottore non è sempre scontato, la testimone ci ha infatti raccontato di altri casi in cui veniva incoraggiata a fare delle eccezioni contro la sua filosofia.

“Ho un medico sportivo che mi ha fatto una visita, è il primo medico che sostiene la mia alimentazione, diciamo. Solitamente ti senti dire”dai ma mangia quel pezzetto di carne ogni tanto”, che ti serve, ci son le proteine… gli vorresti dire: “sei un medico?… Dovresti saperne più di me”…” (Greta)

Sempre per quanto riguarda l’alimentazione la maggior parte delle giovani testimoni ha parlato di integrazione della vitamina B12.

Fermiamoci un attimo, (https://youtu.be/AEzF1ioXRsY) abbiamo scoperto che si tratta di uno dei temi più gettonati quando si parla di dieta vegetale. Semplicemente hanno detto le nostre ragazze, prima bisogna informarsi, poi discutere.

Dove si trova la B12 in natura?

La vitamina B12 viene prodotta da batteri presenti nel suolo dal sistema digerente degli erbivori. Spesso, nella produzione odierne di carne, gli animali non hanno nemmeno (purtroppo) la possibilità di brucare l’erba, essendo costretti a vivere in gabbia e mangiando cibo artificialmente prodotto, all’interno di mangiatoie.

Quindi non hanno accesso diretto a questa preziosa vitamina che, come abbiamo detto, è presente nel suolo.

Cosa succede, quindi? Che, nel mondo dell’allevamento, agli animali viene dato un integratore di B12 dagli allevatori stessi. Lo sapevate? Basta fare una rapida ricerca online per trovare diversi tipi di vitamina B12 per animali da allevamento.

Come accade per tanti altri nutrienti che abbiamo visto finora, quindi, gli animali si limitano ad assorbire questa vitamina e a concentrarla nei loro tessuti, senza fabbricarla da zero.17

SPORT

Molti studi evidenziano come chi segue una dieta vegana o vegetale goda di salute migliore rispetto agli onnivori. La dieta minimizza o elimina i cibi animali e riduce quindi l’incidenza di numerose patologie come tumore, ipertensione, infarto, ictus, diabete e obesità.18

Questa è una delle domande che più abbiamo sentito rivolgerci quando abbiamo parlato di energia fisica nel nostro mondo sociale.

“Ma non ho mai avuto difficoltà, anzi, se facevo fatica ad arrivare sullo Stivo in tre ore, adesso in un’ora e mezza io sono su. C’è, vedo le differenze, le noto. Anche per la mia forza, io ero secchissima, io son sempre stata così, tanto tanto magra, ma magra floscia, quando mangio così ho proprio voglia di fare, voglia di allenarmi, voglia di andare, di scalare… e non mi stanco” (Greta)

Alcune persone scelgono di diventare vegane anche per i loro problemi di salute, come ad esempio Matilde, intollernte al lattosio. Matilde ha iniziato fin da giovane a “sentirsi male” nel momento in cui mangiava carne, quindi vede nell’alimentazione vegana la sua possibilità di sentirsi bene

In generale nessuno ritiene che quello stile di vita sia dannoso per il proprio corpo, anzi, sostengono di sentirsi più energici dopo aver iniziato con questa alimentazione.

INFORMAZIONE

Dal confronto tra la varia documentazione raccolta abbiamo potuto notare come nel mondo sociologico da noi esaminato ci sia il bisogno di fare riferimento a un’informazione alternativa. La dieta vegana infatti non è proposta come modello principale per la società in cui viviamo: in Italia per esempio il modello di riferimento è la dieta mediterranea. Anche altri tipi di nozioni collegate a questo mondo non sono spesso comunicate nei canali mainstream. Scoprire certe informazioni riguardo al modo in cui vengono allevati gli animali, all’impatto ambientale che comporta la produzione di determinati cibi e agli ingredienti che vengono impiegati alle volte è scioccante.

“Durante la settimana ho scoperto un sacco di informazioni, come sfruttano le mucche per la produzione costante di latte, che ci sono alcuni coloranti ricavati da insetti (E120), il consumo enorme di acqua per la produzione della carne, che il latte vegetale è considerato bene di lusso e quindi tassato al 22%.” (Nota di campo - Giulia)

Tutte le nostre intervistate hanno iniziato ad approfondire il proprio modo di informarsi una volta raggiunta una certa maturità: se da piccole il loro sentimento di riluttanza per la carne non era ancora ben definito, col passare degli anni entrano in gioco valori come l’etica, lo sfruttamento degli animali e la crisi climatica. La consapevolezza di ciò in cui si crede cresce insieme al numero di informazioni che si raccolgono, tramite documentati, internet e social.

È come se le nuove conoscenze, i nuovi saperi a cui si ha avuto accesso creassero un nuovo immaginario sociale19 al quale fare riferimento.

Anche per quanto riguarda cose della vita di tutti i giorni (dove fare la spesa, cosa comprare, come cucinarlo, cosa poter mangiare) c’è bisogno di acquisire conoscenze nuove. Fortunatamente è sempre presente la curiosità e la voglia di sperimentare nuove ricette e nuovi prodotti/locali da provare.

Secondo le ragazze è importante anche informarsi sulla provenienza degli alimenti. Serve acquisire delle nuove conoscenze in questo senso: si impareranno a riconoscere terminologie e simbologie particolari, come quelle sopracitate, che possono indicare se un prodotto è vegano o dare informazioni sul modo in cui è stato prodotto.

“A me va benissimo tutto, io alzo le mani, tu sai cos’hai nel piatto? Mangiatelo! …ma devi sapere cos’hai nel piatto, com’è stato creato, da dove arriva. Poi ti mangi la soia, “sai quanto inquina la soia?” Ok, quasi l’85% della soia prodotta a livello mondiale è destinata al mangime degli allevamenti intensivi …non al consumo dei vegani..quindi informati un attimino prima di venirmi ad attaccare per forza per ogni cosa che mangio.” (Greta)

PRATICHE: ADATTAMENTO AL CONTESTO ESTERNO

Come già ribadito precedentemente, la scelta vegana spesso va a influire su diversi aspetti della vita di tutti i giorni.

I costi di una vita vegana sono spesso più elevati, soprattutto per quanto riguarda i prodotti già pronti e preconfezionati. Se si decide di cucinare in casa, invece, i costi si abbassano molto, ma il problema di alcune intervistate sono il tempo, la capacità e la voglia di preparare alimenti anziché acquistarli già fatti.

Si parla spesso di adattamento alle situazioni esterne. Per esempio quando si esce con amici o familiari al ristorante, capita spesso che non si trovi niente di vegano sul menù e si debbano proporre combinazioni nuove di ingredienti per creare un piatto. Le nostre vegane sono molto rispettose della propria scelta, ci hanno raccontato di non fare sgarri, e perciò ogni tanto al ristorante ci si deve accontentare della pasta al pomodoro o delle patatine fritte.

Anche fare la spesa può diventare un rito20 importante dell’essere vegano: le ragazze ci hanno spiegato l’importanza di leggere gli ingredienti degli alimenti e di informarsi sulla filiera di produzione di ciascun prodotto acquistato. Questo perché spesso, alimenti che pensiamo come “naturalmente vegani” hanno all’interno sostanze di origine animale.

“Ci sono tante tipologie di vino che non sono vegani, usano la colla di pesce che, non non c’entra il pesce, è la cotenna del maiale…” (Greta)

Una persona vegana non sempre si limita alla spesa al supermercato perché talvolta non riesce ad accontentare il bisogno di alimenti e sostituti specifici, che si trovano solo in negozi esclusivamente vegetariani e vegani. Matilde e Greta ci hanno parlato di NaturaSì, ristorante e negozio vegetariano/vegano ad Arco e della Sfuseria, negozio vegano della zona che evita o riduce le confezioni in plastica.

“Per gli alimenti un po’ più particolari magari, o cercare un certo tipo di tofu… si va magari nei negozi naturali, qua ad Arco al NaturaSì.” (Matilde)

Come ci hanno raccontato le intervistate, non è semplice trovare gli alimenti giusti, soprattutto quando non si vive in grandi città. Una soluzione può essere l’acquisto online, come nel caso di Melissa:

“Alessandra: Quindi tu fai la spesa un po’ in internet anche?
Melissa: Anche si, certi alimenti non li trovo magari al supermercato normale o magari sono i supermercati specifici e adesso vivendo a Firenze, ho più la possibilità di raggiungerli e di averli diciamo a portata di mano, dove abitavo prima no, cioè c’è un ristorante vegano in tutte le vicinanze.”

Come accennato precedentemente, essere vegano non vuol dire semplicemente adottare una dieta, ma significa anche prestare attenzione all’origine e alla produzione di vestiti, cosmetici, scarpe, detersivi e tanti altri oggetti. Esistono prodotti per la pulizia della casa e detergenti vegani, che sono meno inquinanti e hanno packaging plastic-free, dentifrici e saponi solidi, che non necessitano quindi di flaconi in materiali difficili da smaltire e indumenti cruelty-free e di origine non animale.

“La mia borsa, per dirti, non è in pelle, assolutamente!” (Greta)

“Hanno prodotti per viso, dentifrici, non confezionati in plastica, in pastiglie” (Greta)

“Ho trovato delle Reebok che ha fatto una linea perfettamente vegana” (Melissa)

Un vegano è attento ad ogni particolare, infatti, come ci hanno spiegato le ragazze, hanno adottato un approccio ecosostenibile anche con i prodotti non vegani che possedevano prima: Melissa ha regalato i suoi vecchi vestiti, Greta continua a usare le vecchie scarpe in pelle. C’è una forte attenzione nei confronti della riduzione degli sprechi e dell’ ecosostenibilità, quindi al riciclo.

“Io indosso ancora Doctor Martens in pelle, ma le ho comprate 6 anni fa. E non le butto via perché in primis, nella nostra mente… c’è anche ecosostenibilità. Quindi non vado a buttar via un paio di scarpe, se le possiedo già, perché sono vegana. No. Chiaramente adesso se dovessi comprarle le comprerei vegane.” (Greta)

“Io compro tanto di secondo mano, già usato ed è in pelle… qual è il problema? Però è stato usato, è già prodotto, io non vado ad alimentare la richiesta del mercato perché è un capo usato, quindi non faccio nessun danno. Questo che venga sprecato… prendo io! Chiaro, invece, se lo compri nuovo, alimenti la richiesta e domanda quindi le cose vengono prodotte. È un altro discorso.” (Greta)

Un altro aspetto interessante è quello dei viaggi e delle vacanze, perché il vegano segue la sua filosofia ovunque si trovi, bisogna cercare soluzioni e provare ad adattarsi, nonostante le difficoltà.

“Matilde: Quest’anno sono andata ad esempio, negli Stati Uniti… e lì, non c’è niente di vegano, niente. Cioè, nemmeno nei fast food; cioè qua in Italia anche nel McDonald’s, ad esempio, ci sono comunque panini vegani o vegetariani… Lì niente, tutto con la carne o con il pesce.

Giulia: E quindi hai sgarrato un attimino

Matilde: No-no, ho ordinato online le cose e arrivavano d’asporto, però se andavi in giro, era difficilissimo.”

“Alessia: La ricerca degli hotel, degli alloggi, è abbastanza impegnativa. C’è una lunga ricerca anche prima di spostarti.

Alessandra: E come lo cerchi… vegano? Hotel ecologico?

Alessia: Sì c’è tipo eco B&B che è… Ti dà tutte le liste, però solo in Italia… e hanno tutte queste limitazioni anche per l’aspetto ambientale. Oppure c’è sui B&B che puoi mettere la spunta… alberghi sostenibili…”

RAPPORTI SOCIALI

Spesso gli intervistati ci hanno spiegato come il vegano possa trovarsi e relazionarsi in un contesto che non è quello quotidiano o casalingo.

Molti testimoni hanno raccontato di come all’inizio della loro scelta si sentissero quasi in colpa o di troppo, ad esempio nel richiedere, al ristorante, un piatto vegano fuori menù. Col tempo, sviluppando una consapevolezza e credendo nella loro decisione, hanno provato a chiedere variazioni del menù e portare gli onnivori in locali vegani, molte volte con risvolti positivi: ristoratori inseriscono un nuovo piatto nel menù e amici o fidanzati scoprono la cucina vegetale.

“All’inizio non lo facevo perché mi sentivo un po’ in colpa, un po’ fuori luogo.”

“Sì all’inizio è terribile perché non te la senti di dire una cosa del genere, anche perché i vegani sono sempre visti un po’ così… però poi prendi coraggio.”

“Allora vado nei posti e dico: si può fare unendo questo a questo? Allora mi dicono: grande idea brava!” (Melissa)

“Gabriele: Invece… parlavi di Edoardo… se andate in ristorante insieme… lui sia adatta o te ti adatti, com’è?

Melissa: Allora… Lui è molto-molto-molto aperto su questo punto di vista… a lui piace mangiare le cose vegane, assaggiare… gli piacciono anche tanto e spesso quando andiamo a mangiare fuori, magari si trova un posto che fa sia vegano che normale, magari ogni tanto ci andiamo. Però a lui fa, c’è, lo vedo, di fatto me lo dice, che gli fa piacere provare queste cose perché ha scoperto un sacco di cose.”

Il giudizio degli altri, spesso dettato da stereotipi e convinzioni (semplicemente rappresentazioni collettive differenti21), ci è stato raccontato diversamente dai vari testimoni:

“Soprattutto le persone te la complicano… perché io sarei felicissima, poi vengono a mettere zizzania perché per forza devono farlo, no? Vado alle grigliate, mi trovo 20 animali morti davanti, sto zitta, non dico niente, io mi mangio il tofu… “ma ti mangi le radici”, “come fai ad avere la forza per andare a scalare?”, “dove prendi le proteine?”… Che basterebbe un attimo di informazione in più, perché questa è ignoranza.”

“C’è sempre un voler attaccare.”

“Poi ti dicono poverina… Ma io non sono nata malata, io ho fatto una scelta.” (Greta)

“Me lo dicevano un sacco quando ero vegetariana, dicevano: Okay va bene, però non vegana…” (Alessia)

CONCLUSIONE

Lo scopo della nostra ricerca era quello di ricavare un quadro generale per comprendere la vita di un numero crescente di individui che intraprendono un percorso alimentare alternativo: lo stile vegan. Siamo stati guidati per tutto il tempo dalla curiosità, mirata da una parte ad ascoltare e raccontare le voce dei nostri soggetti sociologici, dall’altra dalla ricerca approfondita delle varie tematiche per completare lo studio. Nulla va dato per scontato perché, non facendo parte di questo mondo, abbiamo solo la possibilità di conoscere, analizzare e magari a volte anche imparare. Come la sociologia ci ha insegnato abbiamo provato a rispondere a delle domande semplici, per analizzare il nostro mondo sociologico: perché si diventa vegani? L’adozione di una simile prospettiva influenza le identità degli individui? E le interazioni con gli altri? Cosa cambia e come si cambia quando si decide di diventare vegani?

Quello dei vegani è un mondo non abbastanza conosciuto, o comunque solo superficialmente. Con queste interviste abbiamo notato come molti stereotipi siano solo una “difesa” di chi non segue questa dieta. I vegani - eccetto rari casi - sono persone che rispettano e amano la natura, credono in uno stile di vita meno impattante possibile, che non sfrutta le altre forme di vita come animali ed insetti, e non lascia traccia sul pianeta.

Scambiare opinioni con loro ci ha fatto ragionare e capire come già con semplici scelte e piccole rinunce, si possano migliorare problemi come lo sfruttamento animale e il cambiamento climatico.

“10 vegani perfetti non servono a niente… certo, dal punto di vista etico ok, dal punto di vista ambientale non fai la differenza, è meglio che ognuno di noi diminuisca il consumo, questo crea una differenza per il nostro futuro” (Greta)

Come dice Greta in questo estratto, non bisogna obbligatoriamente diventare vegani, ma, con scelte consapevoli, si può aiutare molto. Possiamo dire che il mondo sociologico da noi analizzato, si basa principalmente sul rispetto, sull’empatia e la volontà di fare del bene cominciando a lavorare su sé stessi e sulle proprie abitudini.

Non c’è una volontà di imporre il proprio pensiero ad altri soggetti, ma piuttosto il desiderio che ognuno acquisisca una maggior consapevolezza di ciò che ci circonda.

RIFLESSIONI

GIULIA

Questa ricerca mi ha fatto scoprire cose completamente nuove, mi ha dato una nuova prospettiva su molte tematiche. Devo essere sincera, dopo le informazioni scoperte mangio meno prodotti animali. Ho anche influenzato mia mamma che ha visto i documentari insieme a me. Me la vivo un po’ con ansia, perché rimango molto combattuta sull’idea di cambiare completamente o no la mia alimentazione, perché in questo momento non mi sento in grado di prendermi il tempo e l’impegno per farlo ma ciò che ho studiato mi sta cambiando.

MARTINA

A fine ricerca posso dire di aver scoperto e imparato molto da questo gruppo sociale e influenzata mi porto a casa tante delle loro pratiche e dei loro miti.

La sfida più grande, secondo me, è stata quella di interpretare ciò che veniva letto o detto in maniera distaccata, cercando di ignorare i propri preconcetti e le proprie convinzioni.

Ciò che più è emerso da questo progetto sono i grandi valori di queste persone, che a volte si trovano a fare dei sacrifici per l’ideale di aiutare il pianeta e le persone che vivono in esso.

GABRIELE

Il veganismo mi ha sempre incuriosito e, con il progetto, sono riuscito ad analizzare questo mondo sociale liberandomi da stereotipi e convinzioni. Sono stato colpito dalla forza di volontà e dalla sensibilità di queste persone, che scelgono di diventare vegane non solo per la loro salute, ma soprattutto per il bene degli altri esseri viventi e del pianeta. Mi ha inoltre stupito come spesso pensiamo di essere superiori ai preconcetti della società, quando invece anch’io ne ero in parte soggetto. Non so se riuscirò mai ad adottare questo stile di vita, ma cercherò di essere più “vegan possibile”, perché, come dice Greta, “dieci vegani perfetti non servono a niente”.

ALESSANDRA

È stato interessante riuscire ad osservare il mondo attraverso “gli occhiali della sociologia”. Lo sguardo sociologico mi ha permesso di riconoscere e classificare discorsi e parole in nuove categorie e di capire meglio le persone, i loro modi di agire e di pensare. Lavorare in gruppo è stata un’esperienza costruttiva e indagare il mondo dei vegani mi ha aperto la strada a nuovi ragionamenti. Penso che ciò che abbiamo imparato da questa esperienza ci potrà essere utile in futuro.

MAKSIM

È stata la mia prima esperienza di questo tipo in tutti gli effetti: le interviste, le trascrizioni, le analisi sociologiche, la relazione finale. Mi ha aiutato tantissimo per approfondire degli aspetti sociologici, mettendoli in pratica, cercando di analizzare il mondo dei vegani. All’inizio non riuscivo a comprenderlo, limitando il mio immaginario con degli stereotipi, durante la nostra ricerca, invece, ho cambiato la mia visione sia verso i vegani, sia verso la sociologia. Ora la considero come uno strumento molto utile e potente.

RIFERIMENTI

FILMOGRAFICI

SITOGRAFICI

BIBLIOGRAFICI

APPENDICE

APPENDICE FOTOGRAFICA

Foto settimana vegana: https://drive.google.com/drive/folders/11ddSxqR73FxoXC0xNnoIVZj2WGFmMfxQ?usp=sharing

Vedere sezione: SETTIMANA VEGANA

APPENDICE INTERVISTE

File interviste complete con suddivisione delle tematiche (per i commenti aprire i file sottostanti): https://drive.google.com/file/d/1EbOBU7yJrsCKwKdlPwrPdoHjCf_qMiPb/view?usp=sharing

MELISSA

https://docs.google.com/document/d/1ZjS_T_S301LcFXGGu5E1aX1rwpWWeCdjNlLteKJww08/view

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ALESSIA

https://docs.google.com/document/d/1MHM2ayi2xq_z7-7oaA4Vz-yO9vG8lY77yiEWC74FRtQ/view

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GRETA

https://docs.google.com/document/d/1r8Xjlz9FT_opxxMICOGdLzVjlhSeeDEPBjzG9Rs0Sv0/view

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MATILDE

https://docs.google.com/document/d/1c4zwhpMhDltDdfLv2NKVD8PZbu8ZguTgZSzJRnys04o/view

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SETTIMANA VEGANA

GABRIELE

La mia è stata una “settimana vegana a metà”, nel senso che ho mangiato vegano perlopiù a cena. Ho comunque cercato di fare attenzione alle “regole” di questo mondo sociologico, anche leggendo gli ingredienti degli alimenti che ho acquistato. Passare da una dieta onnivora a quella vegana non è semplice, anche solo per la cena. Ad esempio, uno dei problemi più grandi è stato il riuscire a trovare soluzioni diverse per ogni sera, evitando di mangiare sempre hamburger di lenticchie - che comunque sono buonissimi. Ho scoperto la soia, grazie al ragù vegano preparato da Alessandra. Ho capito che per essere vegani si deve avere tanta fantasia in cucina e tanto tempo per preparare alimenti più completi e vari.

ALESSANDRA

Non è facile capire quali alimenti sono vegani e quali no, praticamente in tutto si trovano dei derivati animali, anche dove non te lo aspetteresti (tipo nel vino). In più non è facile informarsi, ho chiesto al barista se sapesse qualcosa sulla “veganità” del vino e non ho saputo rispondere. Non si possono mangiare un sacco di cose…ma tante altre si, bisogna organizzarsi. Però non sono triste, quello che mangio mi sembra molto salutare e mi dà energia.

A una cena con degli amici ho dovuto affrontare dei dibattiti contro chi sostiene che se sei vegano e mangi l’avocado allora non va bene perché anche quello è frutto di inquinamento e sfruttamento. Sono d’accordo, ma allora per prima cosa bisognerebbe stilare una lista dei cibi in cui c’è scritto 1) quanto si è inquinato per produrli (e penso che comunque un pezzo di carne, basandomi sui documentari che ho visto, inquini molto di più di un avocado) e per trasportarli 2) se è stato prodotto in maniera socialmente etica.

È come se nel vegano fosse implicita un’accusa verso il modo di vivere degli altri, allora gli altri si sentono attaccati e iniziano a contrattaccare con una serie di accuse più o meno campate in aria. Ma dico io: non sarà meglio cercare di fare un qualcosa, anche se non è la perfezione, piuttosto che non fare nulla? Invece a quanto pare non è così perché se mangi la quinoa stai facendo molto peggio al pianeta, e se mangi la soia ancora peggio…ma secondo me dovremmo davvero avere una visione più coerente e d’insieme della situazione.

Oggi una collega che mi sta molto simpatica ha detto una frase del tipo: “i vegetariani ok, ma i vegani sono una brutta razza”…ma perché? Effettivamente non ha senso essere vegetariani sapendo cosa succede negli allevamenti intensivi…se sei animalista dovresti sapere che sono delle torture ancora peggiori! Dovrei proprio diventare vegana…il fatto è che cosa fa la gente? Preferisce chiudere gli occhi e dimenticarsi delle cose brutte che ha visto…ma io mi metto pienamente dentro questo, solo che io provo senso di colpa, mentre molto altri no. Io penso che sia sbagliato chiudere gli occhi, soprattutto se c’è qualcosa di concreto che si può fare. Poi è normale che non ci si possa fare carico di tutto, ma io mi domando: e se fossi io dall’altra parte? Se fossi io la mucca in cattività? O quella donna sottopagata che produce vestiti in un ambiente malsano? Vorrei che gli altri fossero indifferenti nei miei confronti?

Forse è questo quello che pensa un vegano… Poi ognuno combatte le sue battaglie e si sente vicino solo a quello che lo riguarda…

Recentemente ho sentito un’altra discussione sui vegani in cui si sosteneva che la soia fosse prodotta, abbattendo le foreste amazzoniche, per soddisfare il crescente bisogno dei vegani. Ma forse non sanno che la maggior parte di quella soia va agli allevamenti intensivi. Dobbiamo partire dal presupposto che tutti dobbiamo sfamarci in un modo o nell’altro: qual è il modo più sostenibile ed etico per farlo? A questo dobbiamo rispondere onestamente e solo li avremo la chiave della nostra risposta.

GIULIA

Ho iniziato la settimana vegana con lunedì 4 aprile e ho terminato con domenica 10.

La prima cosa che ho fatto è stata quella di organizzare un menù settimanale per avere le idee chiare sulla spesa da fare visto che la fa mia mamma che è commessa. Ho iniziato con dei piatti semplici e con tanta verdura. Ho assaggiato polpette e hamburger vegetali comprati nei supermercati in città a Trento. Ho sperimentato un dolce vegano trovando una ricetta online e l’ho portato anche ai compagni e mi ha salvato ad un compleanno per non risultare asociale non mangiando la torta del festeggiato. Anche la mia suocera che mi ospita a cena durante la settimana mi ha aiutata in questa esperienza offrendosi di cucinare vegano. Difficile trovare il tempo per cucinare e supportare mia mamma perché è lei che spesso mi prepara la cena/pranzo per quando torno da scuola.

Adattare la quotidianità alla dieta vegan non è troppo semplice, sabato sera sono andata ad un’apericena con degli amici e il moroso, ma ho dovuto forse sgarrare con le salse sulle tartine e ho rimediato togliendo la mozzarella sulla pizza perché non c’era tanta scelta. Anche la domenica sera ho terminato l’approccio vegano perché la cena era una piadina in un bar senza opzioni vegetariane e quindi ho mangiato affettato. Il resto della settimana non ho mai sgarrato e sono molto soddisfatta. Impegnativo è controllare tutti gli ingredienti sulle confezioni perché tantissimi prodotti contengono siero di latte o tracce di latte/uova. Ho ampliato l’esperienza andando al ristorante vegano con i compagni e comprando una cena vegana d’asporto in una pasticceria completamente vegana di Trento.

Ho notato che durante la settimana provavo a trasmettere la mia visione positiva della dieta vegana alle persone con cui parlavo come parenti o amici. Ho deciso che non sarò costante nel continuare la dieta ma che farò più attenzione, aumentando il consumo di piatti vegetariani o anche vegani.

Durante la settimana ho scoperto un sacco di informazioni, come sfruttano le mucche per la produzione costante di latte, che ci sono alcuni coloranti ricavati da insetti (E120), il consumo enorme di acqua per la produzione della carne, che il latte vegetale è considerato bene di lusso e quindi tassato al 22%. È assurda la reazione nelle persone quando dico “sto seguendo un percorso vegano”, tutti scioccati, alcuni anche schifati, scandalizzante questo stupore.. Il mio consumo di latte e latticini era già scarso per la mia intolleranza al lattosio, ora preferirò il latte di mandorla al latte di mucca.

Il cambiamento comunque non è stato drastico anzi, non consumo molta carne e non mi è mancata, e soprattutto sono un’amante di frutta e verdura. Andrebbe rivista la proposta di bar/ristoranti per offrire a tutti la possibilità di frequentarli ma forse è una loro scelta.

MARTINA

Ho iniziato la settimana vegana venerdì 1 Aprile portandola a termine venerdì 8 Aprile.

Per me non è stato molto difficile poiché sono vegetariana, quindi nella mia dieta carne e pesce non sono già presenti. Inoltre non vivendo con la mia famiglia e cucinando i miei pasti in maniera indipendente è stato facile organizzarsi, dal momento che con questa scelta non ho influenzato la routine di nessuno.

Sono riuscita a non fare sgarri dovuti al cedimento, ma ho scoperto solo dopo la settimana fatta da vegana che alcuni vini non lo sono, quindi ho un piccolo dubbio sulla vincita totale di questa sfida.

Questa infatti, per me, è la parte più difficile di una dieta vegana, perché mentre con la carne e il pesce non è molto complicato capire se sono presenti in un piatto con i derivati è tutto un’altro discorso, a volte si trovano in alimenti nei quali non avresti mai pensato.

La parte più carina della settimana è stata confrontarsi con gli altri compagni coinvolti e andare a pranzo insieme in un ristorante completamente vegano, dove abbiamo assaggiato dei piatti molto buoni che non hanno nulla da invidiare ai piatti ‘normali’.

Nel week end sono uscita con delle amiche e abbiamo fatto una passeggiata per negozi, in quel tempo mi sono guardata intorno per bene e ho notato come molte cose che possiedo/ho comprato in passato/volevo comprare in realtà non sono cruelty free e come per molte di queste cose trovare un sostituto migliore non sia così tanto difficile, basta solo metterci un’attimo di attenzione, cosa che farò sicuramente in futuro.

NOTE DI CAMPO

PRANZO SOPRALAPANCA

Siamo arrivati e ci aspettavamo un locale meno industriale, peccato per la vicinanza alla strada e abbiamo preferito mangiare all’aperto.

Il gestore era molto cordiale e disponibile, abbiamo chiesto informazioni sul funzionamento del pasto.

Molti prodotti sono dichiarati come ecosostenibili come la carta riciclata, l’acqua in bottiglia dal rubinetto, contenitori e trasporto non monouso per evitare sprechi. La clientela non era molto caratteristica o particolarmente connotata.

il cibo era presentato bene, non era raffinato quasi casalingo.

Il buffet era molto vario e ci è stato presentato dettagliatamente su nostra richiesta.

Le nostre impressioni sono state positive. Abbiamo assaggiato cose differenti per fare esperienza a 360 gradi.

I colori nei piatti erano molto vari come le proposte nel menù in versione digitale, proponevano piatti comuni ma rivisitati in versione veg (cotoletta, sushi, lasagna, pizzoccheri). Il locale offriva prodotti vegani come formaggi, ragù, cioccolato disponibili per l’acquisto. C’era volantinaggio, riviste coerenti con il movimento vegano (stop animali esotici in Italia).

Ci aspettavamo un costo più elevato visto gli standard alti ma tutto sommato eravamo completamenti sazi e soddisfatti.

MELISSA

Melissa si è dimostrata subito super aperta e disponibile. Purtroppo eravamo a distanza che non ci è stata d’aiuto, ma diciamo che non è stato un grande ostacolo in fin dei conti. Melissa era felicissima di raccontarci la sua storia e non aveva nulla da nascondere, ha risposto con molta trasparenza ed entusiasmo a tutte le domande che le abbiamo posto, con molta naturalezza, senza pensare a qualcosa di costruito da dire. In Melissa abbiamo notato uno spirito di voglia di fare e cambiare le cose molto forte, senza arroganza nel pensare di essere la migliore. Ci è sembrato che avesse una visione molto positiva della vita: se facciamo qualcosa tutti insieme si può migliorare!

Melissa è una bella ragazza, si è presentata ordinata, un po’ truccata, ma non troppo. Non aveva nulla da nascondere e dava l’impressione di sentirsi sicura e in pace con se stessa.

Melissa ci ha stupito fin da subito per il suo carattere aperto e positivo. Ha dialogato senza farsi problemi della registrazione video o audio a distanza, non si preoccupava tanto dell’apparenza ma si concentrava nella narrazione tranquilla della sua esperienza. Ha tranquillamente parlato della sua famiglia e del suo ragazzo. Si era anche preparata per le nostre domande infatti aveva a disposizione dei libri sulle ricette vegane, era già pronta a mostrarceli, ci ha pure detto che ci avrebbe portati a mangiare qualcosa ma purtroppo non era possibile… Mi è sembrata una ragazza molto alla mano nonostante sapessimo già che fa la modella per qualche negozio. è risultata molto tranquilla, aperta al dialogo e disponibile.

ALESSIA

Alessia è molto timida, non era molto disposta a parlare e sembrava che vivesse questa esperienza come un supplizio. Abbiamo avuto l’impressione che ci abbia detto di sì solo perché si sentiva obbligata. Alessia era struccata, vestita con un look sportivo, scarpe da montagna e indossava gli occhiali. Nei modi di fare è un po’ timida, cerca di non farsi notare. Anche il suo tono di voce è molto basso. Non ti guarda spesso negli occhi. Abbiamo dovuto un po’ incalzarla nel raccontare, era quasi come se non si sentisse una vegana doc. C’era un po’ di preoccupazione di non avere molto da raccontare o non avere le risposte giuste.

Ci ha dato l’impressione che non fosse così sfegatata nella sua scelta. Ha detto di essere amante degli animali, ma non l’abbiamo vista particolarmente combattiva. Ci è sembrato che la sua filosofia fosse: mi converto a questa scelta perché è giusto così e non posso farci molto.

Ci ha fatto notare e capire che all’inizio della sua scelta vegana era più presa e coinvolta mentre ora ha più impegni e cosa da fare quindi si fa trasportare senza impegno (nella cucina, nello sperimentare).

GRETA

Greta si presenta super disponibile. È arrivata con la sua macchina, molto sorridente e molto gentile, si nota subito anche che è molto estroversa. È arrivata in ritardo e si è scusata per questo. Ci ha convinto il suo outfit tranquillo, birkenstock, i suoi tatuaggi semplici e casuali, la musica alta in macchina appena ci ha raggiunto nel parcheggio. Era vestita alla moda, con dei pantaloni lunghi ed una maglietta che le scopriva la pancia, non molto formosa ma muscolosa, come le braccia e le spalle. Da quello che sappiamo di Greta infatti è una climber, e si vede! Abbiamo cambiato i nostri piani di andare a scalare insieme perché il tempo stringeva e abbiamo deciso di andare sul fiume. Greta era molto aperta alla conversazione, continuava a chiacchierare e rispondere alle domande che le ponavamo. Quando è iniziata la nostra intervista era molto attenta al modo in cui veniva ripresa dalla telecamera e preferiva indossare degli occhiali da sole anche se ci ha specificato che è un accessorio che indossa sempre. Ci ha dato l’impressione che avesse voglia di comunicare, che le facesse piacere che fossimo lì ad ascoltarla senza giudicarla, cosa che probabilmente non le capita così spesso. Ci sembra che i vegani vogliano fare del bene ma allo stesso tempo devono difendersi dai giudizi degli altri per questo.

Greta era molto entusiasta dell’intervista e già curiosa di poter vedere il risultato della nostra ricerca. Si è dimostrata molto coinvolgente, avendo a suo favore anche il confronto con lo sport. La sua narrazione era molto umile e incuriosiva. Anche chi era un po’ titubante nel nostro gruppo si è avvicinato alla sua filosofia.

MATILDE

Matilde sembra abbastanza timida, un po’ impacciata mentre ci stava aspettando al nostro appuntamento. Lei è stata molto puntuale. Si è dimostrata molto disponibile a farsi intervistare, “lasciarmi il suo numero” ecc. Forse non è timida, ma sicuramente è un po’ particolare, ha un modo di parlare tutto suo…una volta sedute al bar ci ha preannunciato che lei è un caso particolare e si sentiva quasi di giustificarsi per questo. Poi ci racconterà che infatti è vegana ma per motivi diversi da quelli che vanno per la maggiore. Ogni tanto si sente intimorita dalle nostre domande, come se ci fosse una risposta giusta e una sbagliata e più volte ci tiene a giustificarsi del fatto che forse non avevamo trovato quello che ci aspettavamo.

Spesso si trovava quasi in difficoltà ad aprire il dialogo e sostituiva o introduceva la parola tramite una risata. Sembrava quasi che mettesse in dubbio le considerazioni che qualche vegano ha verso le api o le galline e quindi l’alimentazione con uova e miele (visione differente dalla maggioranza).


  1. Generazione Z – loc. s.le f. Nel linguaggio giornalistico, la generazione dei nativi digitali, nati tra il 1997 e il 2012.↩︎

  2. Vegan, nome che assunsero gli aderenti alla prima associazione vegana, fondata in Inghilterra nel 1944. https://it.wikipedia.org/wiki/Veganismo↩︎

  3. Definizione di Treccani↩︎

  4. Animalista – s. m. e f. [der. di animale] (pl. m. -i). – Chi, con l’azione o con altri interventi polemici, si impegna nella difesa degli animali da ogni forma di maltrattamento da parte dell’uomo. Anche come agg.: movimento, manifestazione animalista.↩︎

  5. Ambientalista – s. m. e f. e agg. [der. di ambientale] (pl. m. -i). – Chi, o che, si occupa di problemi ambientali o afferma la necessità della difesa ecologica dell’ambiente soprattutto contro i fattori e i comportamenti che ne provocano l’inquinamento (concorre nell’uso con il più specifico ecologista e il più politicamente connotato verde): il movimento, il partito, le lotte degli a.; movimento, fronte ambientalista.↩︎

  6. La narrazione in sociologia è definita come tale nel momento in cui un narratore connette eventi in una sequenza che sia logicamente strutturata per le argomentazioni e per il significato che il parlante vuole comunicare.↩︎

  7. Etnografia – s. f. [comp. di etno- e -grafia]. – Branca delle scienze sociali che enumera e descrive i popoli della Terra, analizzandone le varie manifestazioni culturali e soprattutto raccogliendo i materiali e i dati su cui opera l’etnologia.↩︎

  8. Quindi riconducibile alle interazioni mediate. Si tratta di una comunicazione che avviene tramite la presenza di un altro mezzo, in questo caso il telefono o il computer. Viene mantenuto l’elemento di dialogicità attraverso uno scambio che è però mediato dal mezzo. Questo comporta una lontananza spazio-temporale.↩︎

  9. Tre interviste sono state effettuate di persona, perciò si tratta di un’interazione faccia a faccia. Essa obbliga i personaggi ad uno scambio. I principali elementi sono la dialogicità, l’interazione e la variabile spazio-tempo, che corrisponde alla compresenza fisica in quel preciso momento.↩︎

  10. È uno strumento usato dai ricercatori per registrare quei fatti che sono suscettibili di interpretazione. In questo senso, il diario di campo è uno strumento per sistematizzare le esperienze e poi analizzare i risultati.↩︎

  11. Tutti gli oggetti contengono una serie di significati che proiettano su di noi: valutare l’aspetto critico di un oggetto significa guardarne i valori sociali, ecologici e pratici.↩︎

  12. Il segno [in sociologia] – è tutto ciò che sta al posto di qualcos’altro e si divide in significato e significante (idea a cui rimanda il significante ovvero la parte del segno che funziona a base espressiva).↩︎

  13. Dal libro “Cucina Botanica”↩︎

  14. Questo credo è chiamato antispecismo. Dal vocabolario: Pensiero, movimento, atteggiamento che, in opposizione allo specismo, si oppone alla convinzione, ritenuta pregiudiziale, secondo cui la specie umana sarebbe superiore alle altre specie animali e sostiene che l’essere umano non può disporre della vita e della libertà di esseri appartenenti a un’altra specie.↩︎

  15. Green – termine inglese («verde») usato, nella sua accezione più ampia, per fare riferimento ai temi legati alla salvaguardia dell’ambiente naturale e per attribuire a un’azione, a un’attività o a uno status una connotazione che richiami i principi della sostenibilità ambientale.↩︎

  16. Il mito [in sociologia] – è un sistema di valori e codici morali che, attraverso la narrazione, sostengono il proprio mondo sociale.↩︎

  17. Parole della dott.ssa Silvia Goggi dal libro Cucina botanica di Carlotta Perego.↩︎

  18. Consigliata la visione dei documentari “The Game Changers” e “Forks Over Knives”.↩︎

  19. L’immaginario sociale – è la modalità specifica con cui una società riproduce la rappresentazione di se stessa e fonda in essa la sua identità. L’immaginario sociale si struttura dunque come un campo di significati che consente a una società di riconoscersi nell’immagine del mondo che essa stessa ha elaborato, ma esso permane nel tempo lungo come se non avesse una origine e fosse una costellazione di simboli senza tempo.↩︎

  20. Il rito – un modello ridotto ovvero la struttura di una rappresentazione, ha funzione sociale, mette ordine ad uno scompiglio.↩︎

  21. Rappresentazioni collettive – immagini, idee, concetti, significati, credenze, miti, pratiche, regole, passioni, vasto insieme di elementi ideali che costituiscono il sociale. Sono il prodotto di un lavoro di cooperazione svolto fra gli individui che attraversa le generazioni e gli spazi fisici, il tempo per dar loro vita, per accumulare esperienza e il sapere.↩︎

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